22.6.12

A way of life


E' bello quando si ha la voglia di raccontare, di dar pace a quella voglia di metter nero su bianco i propri pensieri, o semplicemente parlare di tutte le cose che hanno caratterizzato un periodo particolare, ed al tempo stesso non avere il tempo, o meglio, non fare in tempo, poiché mille sono le cose che succedono, una dopo l'altra! A me personalmente questo mese non è rimasto altro che aspettare, aspettare il giorno in cui tutte queste cose (per fortuna belle) avrebbero rallentato un po', permettendomi qualche minuto per scrivere questo articolo, e sembra proprio che adesso abbia il tempo per partire, ancora una volta, dall'inizio!

E' stato uno dei periodi più intensi della mia vita, più ricco di cose, di avvenimenti ed eventi, che, tanto erano spinti da nuovi impegni e nuove storie, non hanno avuto il tempo di maturare in un racconto degno della loro importanza. Come quando si riesce nella salita di una via, quando il moschettone della catena scatta in un dolce “clac”, o nel momento in cui gli ultimi movimenti di un boulder diventano passi e poi corsa versa la cima, e già le mani sono alzate al cielo, non ci si rende mai conto fino in fondo di ciò che abbiamo fatto, finchè non ci si ripensa su, magari sorseggiando una birra in compagnia degli amici, o semplicemente rivivendo i momenti passati la sera stessa, da sotto le coperte del proprio letto, con gli occhi ancora aperti al buio, increduli.

Per me è stato così alla salita di “Icaro”, il mio primo 8a di boulder ufficiale.
Luca Andreozzi - Icaro


Ho provato tante volte a prendere la tastiera e a scrivere di quella giornata così speciale. Nella mia testa era già tutto pronto, tutto scritto, ma mille erano le cose, ed il tempo alla fine, non c'era mai. Tra quelle mille cose ci sono state le famose giornate di pioggia al tetto di Sarre, dove noi, coraggiosi ed irremovibili Bsiders, muovendoci tra spunzoni di ferro arrugginiti, caselli autostradali, rotaie e treni pronti a sfrecciare sotto i nostri culi, abbiamo strappato qualche ora di fatiche e risate, il cui ricordo è impresso per me su "Smalto", 8a+.

Sempre tra le mille cose c'è stato il Salewa Rock Trip a Cala Gonone, in Sardegna, dove ad aspettarmi in catena ad una via, oltre al solito "clac", c'era un viaggio in Germania per la fiera mondiale dell'arrampicata, dove si disputerà la finalissima con tutti i vincitori dei vari Trip in giro per l'Europa.

C'è stata poi una domenica molto impegnativa e ricca di sorprese, dove l'arrampicata da gara e da falesia hanno trovato un giusto equilibrio, per una volta. La mattina si disputava infatti la seconda tappa di Coppa Italia boulder, dove la concentrazione e la voglia di andare al 200% mi hanno spinto alto sui blocchi, fino a conquistare l'8° posto. Nel pomeriggio dopo la gara, niente di meglio di un pò di roccia. Niente flash, pubblico telecamere, solo due rondini decisamente fastidiose per un pò di scalata no stress. Scalando mi libero della tensione accumulata in gara, e reso leggero dal bel risultato ottenuto, soltanto il "clac" della catena di "Cavalcando l'airone" 8a, mi riporta con i piedi a terra, con un nuovo ed ulteriore motivo per sorridere.


Ma ancora una volta non c'era tempo per festeggiare, infatti, quando si parla di Ceuse, bastano poche parole per scattare in piedi come un soldatino, saltare al volo sul primo treno per Torino, preparare lo zaino, e partire.

“Finito la gara. Quando si parte?”
“Domani!”

Così il giorno dopo salto in macchina col Boss caporale del Bside Team Mr. Gabri Moroni e via verso chilometri di calcare azzurro a buchi.

Il meteo ci da subito il benvenuto, punendoci con una fitta grandinata la prima sera, cucinandoci per bene con freddo e vento glaciale nei due giorni seguenti, abbindolandoci con un cielo stellatissimo, per poi darci il colpo di grazia il giorno dopo con temperature che scioglievano i sassi per tutto il resto della settimana. Il sentiero era inoltre lì pronto ad aspettarci, illudendoci che ci avrebbe portato in falesia in poco tempo, e con meno fatica del giorno prima....ci accorgevamo della fregatura sempre troppo tardi! Devo dire che nonostante non abbia fatto quasi niente, tutti i motivi del mondo non saranno mai abbastanza per odiare Ceuse, o anche solo per dire che il viaggio non ne sia valso la pena. D'altronde, in mezzo a tanta bellezza, a tante linee così perfette da sembrare dipinte, di fronte a così tanta bella roccia...come si può non esser felici anche solo di esserci?


E' stato proprio il non scalare a mostrarmi il lato più bello di questo viaggio a Ceuse, ovvero il vedere come ancora molte persone vivano l'arrampicata come uno stile di vita, senza ridurlo unicamente ad uno sport qualsiasi da grandi numeri, dove conta, (scusate la volgarità) chi cel'ha più lungo. Mi piace pensare che la scalata sia molto di più della prestazione in sé per sé, ma che in essa trovi la sua espressione migliore. C'è molto più dei muscoli a tenerci su e a farci muovere per il mondo alla ricerca dei più bei pezzi di roccia da scalare, da interpretare, e vedere persone che da tutto il mondo vengono solamente per scalare belle vie, aldilà delle prestazioni è stato semplicemente bello. Allora eccoci là, una bella spesa al supermercato a base di pastasciutta e tristi ma convenienti sughi “Panzani”, scalare fino a buio, scendere con le scarpe rotte, con una frontale in tre e poi tutti invitati nel furgone del Vieri, dove tra un piatto e l'altro, chiacchere e racconti vari, passano le ore e le serate sotto all'imponente panettone azzurro di Ceuse.



Andiamo a dormire quando il sonno ci accompagna alla tenda, ci svegliamo solo quando il sole ci butta fuori. La mattina cereali, un caffè, con la promessa di ripartire subito dopo, ed infine (dopo qualche oretta), partire, con la voglia di scalare a far sembrare meno in salita e persino più corto quel maledetto sentiero!






Che dire, la morale è sempre la stessa, e per chi scala è facile da ricordare quanto da riscoprire ogni volta, ad ogni viaggio, ad ogni via, ad ogni passo verso l'alto. Cosa sia l'arrampicata, il perchè sia così tanto speciale e diversa da ogni altra attività io ancora non saprei proprio dirlo. Forse l'unica conclusione che posso trarre, è che la scalata sia molto più vicina a ciò a cui è fisicamente più lontana di quanto non si pensi: 

non uno sport, non un'attività, un passatempo....ma un'arte, uno stile di vita.



E così ci si rinnamora volta per volta, al solo tocco della roccia, alla scoperta di un nuovo blocco, una nuova via, un nuovo movimento, una nuova interpretazione, una nuova tela su cui dipingere quest'arrampicata:

Il furgone sfreccia tra le strade più strette ed in salita di sempre, la musica asseconda le curve, le risate, e noi altri arrampicatori in cerca della linea perfetta. Un pezzo di roccia scorre veloce sotto i nostri occhi nascosto da anni di vegetazione e solitudine. Scendiamo al volo, afferrando crash pads, scarpette magnesite e spazzole varie, con la voglia di teletrasportarsi là, sotto quella pinna di roccia bianca che fuoriesce dal verde e dall'azzurro.....

Uno stile di vita.